Belmondo è da sempre apprezzato come attore per il suo stile scanzonato e brillante e per il suo grande carisma, che lo hanno contraddistinto in molteplici film, spesso in ruoli da ‘duro con il cuore tenero’ e da ‘giovane aitante e spericolato’, come nelle commedie di Philippe de Broca “L’uomo di Rio” (1964) e “L’uomo di Hong Kong” (1965). Questa sua caratteristica, unitamente alla sua maschera dai lineamenti particolarmente accentuati, che ha portato a definirlo “il brutto più affascinante del cinema francese”, gli ha comunque permesso di variare magistralmente i suoi ruoli, recitando efficacemente anche in film drammatici come “La mia droga si chiama Julie” (1969) di François Truffaut e “Il cadavere del mio nemico” (1976) di Henri Verneuil.

Forse i lineamenti non sono esattamente quelli di un bello classico, ma Jean-Paul Belmondo di fascino ne ha sempre avuto da vendere. Bagarreur, sfrontato, una simpatica canaglia alla fine…
Poliziotto o canaglia (come il famoso film), Bebel ha sempre incarnato un’immagine di duro, pronto al sorriso e alla battuta. Lo ricordate in “La mia droga si chiama Julie”?  Grande cinema dalla grande letteratura noir.
Io lo rammento per tutti quei film a cavallo tra gli anni 70 e 80. Storie d’azione, sempre un po’ sopra le righe, per tutti. “Joss il Professionista” fu per me fonte di ispirazione (anche il romanzo “Contratto in nero”, pubblicato da Segretissimo) per il mio personaggio che, guarda caso si chiama Il Professionista. Belmondo ha prestato il viso per moltissime storie da “l’Uomo di Hong Kong” a “Gli sposi dell’anno secondo” sino a “Borsalino” in coppia con Delon. Un po’ Sanantonio di Dard me lo sono sempre immaginato con la sua faccia da schiaffi.

La Pagina-Autore di Stefano Di Marino