Le basta vederlo una volta sola, quel bambino ricco, ben vestito, dai riccioli bruni, dai grandi occhi splendenti, che abita nella meravigliosa villa sulla collina e di cui dicono sia un suo lontano cugino, per essere certa che lo amerà per sempre, di un amore assoluto e immedicabile. A Kiev, la famiglia di Ada abita nella città bassa, quella degli ebrei poveri, e suo padre appartiene alla congrega dei maklers, gli intermediari, quegli umili e tenaci individui che si guadagnano da vivere comprando e vendendo di tutto, la seta come il carbone, il tè come le barbabietole. Fra le due città sembra non esserci nessun rapporto, se non il disprezzo degli uni e l’invidia degli altri. Eppure, quando il ragazzine Harry si troverà di fronte la bambina Ada, ne sarà al tempo stesso inorridito e attratto: “come un cagnolino ben nutrito e curato che senta nella foresta l’ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi”. Molti anni dopo il destino li farà rincontrare a Parigi: e Harry cederà a quella misteriosa attrazione del sangue che Ada esercita su di lui.
Titolo: I cani e i lupi.
Autrice: Irène Némirovsky.
Genere: romanzo.
Editore: Adelphi
Prezzo: euro 2,99 (eBook); euro 8,00 (copertina flessibile).
Per acquistarlo, fate click QUI.
L’ho finito di leggere ieri, e non mi dispiace che sia terminato. Perché già prima di finirlo non vedevo l’ora di parlarne.
Il titolo, che da subito mi ha inchiodato, è una metafora che racconta la diversa realtà e l’ineluttabile attrazione che lega gli ebrei ricchi e quelli poveri. Come Ada, Ben e Harry Sinner, tre cugini ebrei cresciuti nella Kiev del primo Novecento. Poveri i primi due, e ricco il terzo, i cui nonni però non erano molto diversi da quelli di Ada e Ben. Tutti spinti dallo stesso fortissimo istinto verso i soldi e il successo. “Perché i soldi per noi sono più importanti che per gli altri. Ne abbiamo assoluto bisogno per comprare tutti quei vantaggi del vivere civile che gli altri hanno per diritto acquisito, ma a noi vengono negati”. L’unica differenza alla fine era che i nonni di Harry i soldi li avevano fatti, mentre i genitori di Ada e Ben ne avevano ancora una disperata necessità. Emigrati per diverse strade a Parigi, i tre cugini si incontreranno mescolando di nuovo le loro vite, alto-borghese quella di Harry, miserabile quella di Ada e Ben, nel frattempo sposatisi per affrancarsi dall’abbraccio soffocante della famiglia. Fra di loro tornerà ad affacciarsi quell’ancestrale attrazione, la stessa che lega i cani e i lupi, e cambierà le loro vite, unendo quelle di Ada e Harry ed emarginando Ben, che si consola battendo il territorio con rinnovato spirito predatore.
Una bella scrittura, che ci regala pagine stupende. Come il ritratto dei vecchissimi proprietari della ricca e solida banca di famiglia, i fratelli Sinner, “secondi solo ai Rothschild”. Due cani ancora lucidi ma quasi esangui, che messi a contatto con un giovane lupo, il loro lontano nipote Ben, neo dirigente della banca, traggono piacere dall’assecondare le sue audaci speculazioni, ritrovando in esse antiche vibrazioni della loro stessa giovane avidità.
Nelle mie intenzioni il piccolo capolavoro di questa sfortunata scrittrice di origine ebraica, trovato nella biblioteca di casa, doveva essere quella boccata d’aria fresca con cui periodicamente sento il bisogno di interrompere la consueta apnea di thriller, gialli e noir.
E qui ho trovato… aria fine, finissima, di alta montagna. Se non l’avete ancora letto, leg-ge-te-lo.
Di Giorgio Ronco vi segnaliamo “Neanche l’inferno risponde”.
Il nostro, per certi versi, è un mondo di rifugiati. Ogni giorno migliaia di persone si riversano sulle coste del Mediterraneo con tutta la loro vita racchiusa in uno zaino, alla ricerca di un approdo migliore. Che siano vittime di conflitti, perseguitati per motivi politici o religiosi, per le proprie idee o i propri orientamenti sessuali, spesso in fuga da una vita di miseria e degrado, sono diversi, sono tanti, forse troppi, e per questo fanno paura. L’impotenza delle istituzioni politiche, nazionali e internazionali, di fronte a un’immigrazione di questo tipo, caotica e inarrestabile, è palese. Ciò induce un’organizzazione segreta a impossessarsi di un piccolo naviglio da guerra e ad addestrare un equipaggio scelto con l’obiettivo di affondare i barconi dei migranti in rotta verso l’Italia. Nome in codice Orca blu. Le regole di ingaggio sono chiare: un affondamento ogni notte finché gli sbarchi non cesseranno. L’eco sui media non si fa attendere. E controverse sono le reazioni della gente: c’è chi pur comprendendone le ragioni ne condanna i metodi e chi condanna a prescindere. La stessa comunità internazionale, chiamata a dare la caccia al naviglio pirata, al suo interno è divisa. La pressione emotiva si fa sentire anche sui sette membri dell’equipaggio che ogni notte condanna a morte centinaia di migranti. Come sono arrivati a decidere di prendere parte a un’impresa di questo genere? Possibile sia solo per denaro? Oppressi dai sensi di colpa, consapevoli di non poter più tornare indietro.
Per acquistarlo, fate click QUI.
Commenti recenti