Ricordate l’argomento della settimana scorsa? Ecco la seconda e ultima puntata.

IA generativa e mercato editoriale: cosa sì, cosa no, cosa forse?

FEDERICA SOPRANI SCRIVE UNA DEFINIZIONE: L’AI generativa è come un assistente creativo che può generare testi, immagini, musica e persino video basandosi su esempi che ha visto in passato. Non pensa come un umano, non ha opinioni o emozioni, ma può aiutare a creare contenuti velocemente. È un po’ come un super-auto-completamento avanzato: tu gli dai un’idea, e lui prova a svilupparla.
È più un aiuto che un sostituto. Come una calcolatrice per chi fa i conti: non toglie il lavoro ai matematici, ma velocizza certe operazioni.

La volta scorsa, avevamo presentato due pareri contrapposti: il “sì” deciso di Federica Soprani e il “no” categorico di Eward C. Bröwa. Erano intervenute Cinzia Fabretti e Fernanda Romani, che avevano esposto perplessità, speranze e un po’ di rassegnazione.
Oggi, partecipano alcune scrittrici e una scrittrice-giornalista (Laura Costantini), che esprimono perplessità e anche timore di fronte allo scenario prospettato dall’uso dell’AI generativa in campo editoriale.

GRAZIA MARIA FRANCESE: Posso usare Deepl per velocizzare una traduzione e lo faccio, dopo di che la devo rivedere mooolto attentamente. Posso chiedere a Perplexity com’era l’abbigliamento dei bramini a Goa nel XVI secolo, ma a oggi non è in grado di darmi una risposta attendibile. La cosa triste è che fa finta di sapere, mentre in realtà quello che mi propina al 90% è fuffa.
Posso giocare con Canvas per generare immagini da usare in qualche post; non lo saprei usare per cose un po’ più serie.
Non mi sogno però di usare una AI per generare un testo.
Perché? Perché scrivere è il mio gioco. Mi piace trovarmi di fronte alla pagina bianca, come se fosse un mare su cui spiegare le vele. Adoro cominciare, sviluppare, rileggere e rielaborare. Si fa fatica, certo, ma una fatica sana, che fa bene a cuore e cervello.
Cedere a una AI tutto questo, sarebbe come accettare un passaggio in auto quando quello che voglio fare, invece, è una bella passeggiata.

ANTONELLA SACCO: Io ne so poco, ma penso che, come per tutti gli strumenti, sia importante il modo in cui si usa. Farlo con consapevolezza e rispettando determinate regole (che non mi pare siano ancora state stabilite), alla fine risulterà inevitabile. Che ci piaccia o no. Comunque, per il momento possiamo ancora scegliere se “semplificarci” la vita con l’AI o no, per lo meno scrivendo le nostre storie. Devo dire che di quando in quando mi viene l’idea di “scrivere” qualcosa usando l’AI, ma per ora mi affatica anche solo l’idea di studiare la materia e così ne faccio a meno. In futuro, chissà.

LAURA COSTANTINI: Io mi prenoto fin d’ora per un corso online dove Federica Soprani mi appiana tutte le ansie e tutte le angosce. Perché, nonostante io sia una persona razionale e aperta alle novità, devo dire che le AI mi mettono un’angoscia terrificante. Perché? Perché – anche se non ho avuto successo né credo lo avrò mai – io una cosa so fare (detto in stile Zingaro di Luca Marinelli): so raccontare storie. E l’idea che a breve sarò tagliata fuori dalla produzione narrativa perché non ho intenzione di farmi scrivere – scalettare – revisionare – editare – sviluppare – risolvere le storie dagli LLM si unisce alle mille ansie che mi agitano guardando al futuro. Perché penso queste cose? Perché in ogni dove (compreso un corso che ho frequentato sull’uso dell’AI in campo giornalistico) mi viene ripetuto che: o imparo a usare ChatGPT, oppure perderò il mio ruolo. Tertium non datur. Poi leggo Federica Soprani e scopro che non dovrebbe essere così. Ovvio che, dovendo scegliere, vorrei avesse ragione lei. Senza se e senza ma.

KATJIA MIRRI aka KATY BLACKSMITH: Lo ammetto: sono ancora molto combattuta sulla reale utilità delle IA e per molte ragioni. Mentre nel campo tecnico e scientifico la loro utilità attuale e potenziale è fuori discussione, in quello editoriale dovremmo valutare che cosa vogliamo ottenere davvero.
Dal mio punto di vista, dovrebbe comparire sempre la scritta: “creato con IA”. Come informativa per chi legge o guarda, così da prenderne atto e scegliere con consapevolezza.
Ho discusso alcune settimane fa con un giornalista che ha addestrato la sua IA (le ha anche dato un nome) e sporadicamente la utilizza per scrivere articoli che pubblica sul web, specificando che è scritto dalla IA. Quindi la comunicazione è trasparente in questo senso.
Li ho letti. La grammatica mi sembra buona, gli argomenti toccati ogni volta sono molti e vari, e dopo le probabili revisioni del giornalista sono anche attinenti. Fa un vero e proprio riassunto di cose risapute, cose che magari a una persona non verrebbero in mente tutte insieme.
Ma poi? A cosa serve davvero un articolo nel quale si pescano le informazioni già note?
E nel caso dei libri: a cosa serve un romanzo nel quale si mettono insieme concetti, frasi, personaggi, situazioni già sfruttate mille volte? Quale gemma preziosa l’autore/autrice consegnerà al lettore?
Le IA generative sono motori statistici: pescano le parole (insieme a quelle che stanno loro più vicine) più utilizzate e le assemblano in frasi, poi in paragrafi e infine in capitoli.
La stessa cosa per le immagini: fanno la media. Mediano le luci, i colori, i tratti, le situazioni, gli stili. E poi li accroccano senza neppure capire che cosa sono le dita, la continuità di un nastro, la presenza della forza di gravità che comanda agli oggetti come possono presentarsi. Per le IA quelli sono solo pixel di un colore o di un altro. Solo pixel.
La mano di un personaggio messa in un modo è casuale, non è significativa, non c’è alcuna consapevolezza dietro a un disegno.
E se non c’è consapevolezza in ciò che le immagini le genera, come può la stessa immagine comunicare qualcosa a chi la guarda?
Anche per questo ho scelto di usare pennelli, acqua, carta di riso e cartoncino lucido per creare la copertina de Il cielo della Sposa: doveva essere una copertina personale, d’impatto, magari imperfetta ma di un’imperfezione del tutto umana.

Conclude questa carrellata (che tralascia alcuni interventi solo per questioni di spazio) FEDERICA SOPRANI: Uso Midjourney già dall’agosto del 2022, quando è stata aperta al pubblico dei comuni mortali la versione 1. Fin dall’inizio mi sono resa conto da un lato del potenziale incredibile di un simile strumento, dall’altra del terremoto che avrebbe creato e di quanto sarebbe potuta diventare pericolosa se non adeguatamente regolamentata. Questo perché come ogni altro strumento viene usato da esseri umani, e ci sono gli esseri umani bravi e virtuosi e onesti e ci sono gli esseri umani grami, che non si fanno scrupoli a utilizzare qualsiasi mezzo per il proprio vantaggio e tornaconto. Così, mentre io imparavo a usare l’intelligenza artificiale per creare immagini ispirandomi a illustratori e fotografi morti da almeno 200 anni, vedevo altr* lavorare sulla stessa piattaforma non solo prendendo lo stile di illustratori e artisti viventi, ma anche i volti di attrici che venivano ritratte in situazioni a dir poco scabrose. A dir poco, perché Midjourney ha ancora dei filtri di censura abbastanza efficaci, a differenza di altre AI con le quali è possibile creare pornografia. Faccio sempre l’esempio degli uomini delle caverne, quando è stata inventata la ruota. Uno ha pensato subito che sarebbe stata uno strumento fantastico per poter trasportare le cose senza rompersi la schiena, mentre il suo vicino di caverna ha pensato subito che avrebbe potuto usarla per gettarla addosso al suo socio e rubargli tutto. Come già scritto altrove l’intelligenza artificiale da sola può fare poco. Tutto dipende da chi c’è dietro, dalle sue intenzioni, ma anche dalle sue capacità, dal suo talento e dalla sua cultura. È vero che chiunque può scrivere un libro con l’intelligenza artificiale? Forse, ma sarà un libro mediocre, se chi la usa non è già uno scrittore analogico. È vero che l’intelligenza artificiale sostituirà l’arte umana? Dico, ma avete visto le copertine che girano sui social? Io apprezzo l’entusiasmo e la voglia di sperimentare, ma come grafica sono la prima a dire che non basta scrivere un prompt per fare arte, e che come il bambino delle elementari non userà mai il pennello come Leonardo da Vinci così non ci si può improvvisare nemmeno in questo campo. Io che utilizzo l’intelligenza artificiale ogni giorno per il mio lavoro e anche per creare quella che definisco la mia arte sono la prima a sperare che vengano messe delle regolamentazioni più rigide e presto, per proteggere sia chi l’intelligenza artificiale la usa, sia chi non la usa. Sto seguendo incontri workshop, molti promossi proprio dall’università di Parma e da associazioni, e la direzione sembra essere quella. Poi ci sarà sempre il cavernicolo che userà la ruota in modo improprio, ma questa è la storia dell’umanità.

I libri di coloro che hanno partecipato alla discussione li trovate facendo click sul nome:

GRAZIA MARIA FRANCESE
FEDERICA SOPRANI
LAURA COSTANTINI
ANTONELLA SACCO
KATJIA MIRRI aka KATY BLACKSMITH

Copertina elaborata con Canva (immagine free).