Quando un lunedì mattina devo andare a casa di un autore come Loriano Macchiavelli, mi porto dietro: a) l’invidia degli amici che avrebbero voluto essere al mio posto; b) un timore reverenziale che non v’immaginate; c) un foglio di quaderno scarabocchiato in autobus, con le domande che a malapena sono riuscito a buttar giù, sperando non suonassero troppo cretine.

E la dimensione irreale diventa incanto, quando lui da subito inizia a parlarti, incisivo, di libri che non esistono più e, benevolo, non mi chiede neanche ‘ma tu, chi cavolo saresti?’

Mentre aspettiamo che salga il caffè, mi racconta di quando scrisse un romanzo con gli stessi personaggi de ‘Il nome della rosa’. “Perché mi sono detto: cavolo, l’assassino non può essere stato Jorge! Così volli scrivere questo romanzo, dove si sarebbe scoperto che l’assassino in realtà era un altro.” Il romanzo in questione (La rosa e il suo doppio) non si trova più, purtroppo. Per la cronaca, riuscì a farselo pubblicare solo perché Eco in persona gli fece ottenere il nullaosta da Bompiani.

Loriano non è un giovanotto, ma ha gli occhi vispi che ti trapassano. Continua a parlare di gialli e noir, e di come cambiano nel tempo, ma anche no; ci esprime il suo rammarico per il fatto che ‘i libri belli non vendono più’, e giù di esempi che conosciamo in tanti; soprattutto però, continua a nominare i giovani, in cui crede molto e che spera non si arrendano.

Poi l’intervista con la telecamera, Stefano Zanerini affascinato quanto me, mentre riprende, io impacciato con la cravatta slacciata, che mi barcameno tra un ‘lei’ e un ‘signor Macchiavelli’, che non riesco a leggere le domande preparate in bus, e cincischio improvvisandone di diverse; mi sento anche un po’ ‘ingessato’ dall’emozione.

Chiudiamo, lui si frena per paura di essere logorroico, io gli dico che quando uno ha davvero qualcosa da dire, ben venga che sia logorroico. Io e Stefano staremmo ad ascoltarlo per ore, perché non è un vecchietto che racconta i suoi mille ‘ai miei tempi…’, ma un uomo ben presente nel contesto in cui viviamo, che guarda molto al futuro, lavorandoci ancora in modo concreto.

Raccogliamo le nostre cose e ci apprestiamo ad andar via, una copia di un mio libro gliel’ho voluta regalare (“Non mi chieda un parere però, intesi?” “No, tranquillo, non lo chiedo mai. Semmai lo usi per accendere la grigliata di Ferragosto”” sorrido io). Saluto il signor Macchiavelli, che stringendomi la mano, per la prima volta in quella mattina, pone lui una domanda a me: “Ma quando la pianti di darmi del lei, invece che del tu?”

Ora, la mia riflessione è questa: non mi sono mai scomposto incontrando personaggi famosi, forse la Cucinotta, o l’Inter dei record al completo, con Zenga, Bergomi e Matthaeus. Stavolta, mi chiedo come blogger e librai/libraie, che si danno tante arie da intenditori/intenditrici, e se la tirano anche un po’, possano fare proclami sulla qualità dei libri in genere, per poi andare in sollucchero se va a trovarli, ad esempio,  la Gamberale. Con tutto il rispetto, ci mancherebbe. Io ho bevuto caffè e parole di un capostipite (anche se lui dice di non esserlo) di un genere, ma non solo, di uno che ha davvero tanto da insegnare. E che, volete saperlo? Amerebbe, un giorno, provare a scrivere un Romance….

OoO

Dal sito di Loriano Macchiavelli (http://www.loriano-macchiavelli.it/): Biografia – Quarta di copertina

Tre parole divenute ormai inscindibili: Loriano, Macchiavelli e scrittore.
Loriano Macchiavelli comincia con il teatro, prosegue quasi per caso con il genere “giallo”.
Scrive per fare contenta la moglie Franca. Mai gesto d’amore fu più fortunato, crediamo. Ricambiato dal fatto che l’intraprendente signora Franca raccolse il libro scritto al mare, durante una vacanza d’estate del 1973 in Spagna, ad uso esclusivo di lei ed inviò all’editore il manoscritto. Il primo giallo aveva per protagonista Sarti Antonio, sergente, poliziotto della Questura di Bologna. Un anno dopo, 1974, lo accolse Raffaele Crovi nella collana Calibro 90, per l’editore Campironi. Era Le piste dell’attentato. Qui sotto la copertina originale della prima edizione.
Da allora non si è fermato più. Ha pubblicato praticamente per tutte le collane di libri gialli d’Italia, compresa la collana capostipite del genere, I Gialli Mondadori, contribuendo sicuramente alla crescita e alla diffusione di quel genere letterario, passando attraverso tutte le esperienze e le sperimentazioni, rese possibili dal successo sempre più solido del poliziesco. E pensare che inizialmente era considerato un genere di serie B. Loriano Macchiavelli rivendica il merito di aver contribuito alla sua ascesa alla prima divisione. Successivamente si è anzi trovato, in veste di commissario tecnico-giocatore, alla testa di una vera e propria Nazionale Italiana degli scrittori di libri gialli, il Gruppo 13.
Romanzi a fumetti, sceneggiature per la televisione, collaborazioni (Gianni Materazzo, Magnus, Otto Gabos) e scritture a quattro mani (Francesco Guccini e Sandro Toni) senza mai abbandonare il teatrod’impegno politico. Mai farsi mancare niente, se credi in quello che fai. Cuando à cobra fumou, del 2010, è l’ultima pièce in ordine di tempo.
Tignoso, ha voluto dimostrare che il romanzo poliziesco italiano aveva diritto di esistere tanto quanto quelli dei grandi scrittori stranieri e sbugiardare, come spesso gli è accaduto, critici ed editori. Ha utilizzato lo stratagemma dello pseudonimo: Jules Quicher.
L’editore Rizzoli gli tenne bordone: uscirono, firmati da quello scrittore straniero – e perciò stesso attendibile – Funerale dopo Ustica (Rizzoli, 1989) e Strage (Rizzoli, 1990) che tratta del tristemente noto attentato alla stazione di Bologna di dieci anni prima. Un incidente di percorso bloccò l’ascesa di questo secondo lavoro: uno degli imputati della strage, credendo di riconoscersi in uno dei personaggi, ottenne il sequestro del libro. In seguito il libro fu scagionato con formula piena ed è stato ripubblicato nel 2010 nella collana Einaudi Stile Libero Big, ora disponibile anche nel formato e-book, questa volta a firma del giallista italiano e non del suo “alter ego” svizzero.
Con Einaudi la collaborazione continua fin dal 2001. Iniziò con la nuova edizione del secondo libro, Fiori alla memoria, quello che vide la luce la prima volta nel 1975, nella collana Gialli Garzanti.
Einaudi accoglie tuttora le opere di Loriano Macchiavelli, alternandosi con Mondadori che, tra Giallo Mondadori, prime edizioni e ristampe nella collana Oscar Best Sellers, vanta la palma del maggior numero di sue pubblicazioni.
Tra i lavori più recenti una riuscitissima (detto dalla critica) nuova collaborazione con Francesco Guccini, Malastagione (Mondadori, 2011) e – sempre con Guccini – una raccolta dei primi tre fortunati romanzi con protagonista il maresciallo Benedetto Santovito: Macaronì, Un disco dei Platters eQuesto sangue che impasta la terra, riuniti per l’occasione nel volume Appennino di sangue(Mondadori, 2011).
Click sulla copertina per ordinare on line.

Non meno interessante la pubblicazione di Sgunbéi – I segrêt dla zitè(trad. : i segreti d ella città – n.d.r.) – Pendragon, 2011, romanzo in dialetto bolognese + cd audio.
Abilmente tradotto da Federico Galloni è il romanzo Sgumbéi – Le porte della città nascosta, Mondadori, 1998. Sgumbéi che, in stretto dialetto bolognese diventa Sgunbéi, appunto. Il termine significa disordine, chiasso, caos.
Il primo libro interamente proposto in dialetto bolognese, è accompagnato da un CD audio con la lettura di parti del volume ad opera di attori e notissimi “dialettofoni” della città. L’operazione, anche dal punto di vista culturale è di prim’ordine e la consigliamo.
Qui una recensione apparsa su “la Repubblica Bologna” martedì 19 aprile 2011.

In omaggio ai visitatori del sito un piccolo regalo, “la pietra di luce“, un racconto breve di qualche tempo fa, che potrete scaricare e leggere liberamente cliccando sul titolo qui sopra.

Se nelle pagine del sito troverete articoli o riceverete cortesi email di risposta a un qualche vostro quesito firmati “loriano” con la elle minuscola… non è un refuso, ma un piccolo vezzo del nostro.

Per il futuro, ha tutta l’intenzione di voler continuare a scrivere, in arrivo anche progetti cinematografici e teatrali, il suo antico e mai dimentico amore. Ma, per scaramanzia, meglio non farne parola. Anzi, meglio non farne scrittura.
Chi vivrà, vedrà. Nel senso letterale del termine.