Ornella albanese è una pluripremiata autrice che ha bisogno di poche presentazioni dopo aver pubblicato decine di volumi con Mondadori, Le Onde e Leggereditore, spaziando dal Thriller storico al brillante, dal surreale al drammatico, fino ad oggi col  Romance “Sotto la stessa luna”, con il quale sta sperimentando l’emozionante trafila del self publishing.

Ornella, dici di esser un’ottimista di natura. Ma come la mettiamo con la crisi dell’editoria? C’è da essere ottimisti per qualcosa?

Hai toccato proprio un argomento che non presenta molti sprazzi di luce neppure per un’ottimista come me. Se proprio vogliamo vedere un aspetto positivo, questo riguarda gli esordienti, che hanno concrete chance di visibilità. Molte CE scelgono proprio tra gli autori self che si sono ben piazzati nelle classifiche di vendita e che non sono legati ad agenti o a case editrici. Mai come adesso gli esordienti hanno avuto spazio e attenzione, e questo è sicuramente positivo.

Con Sotto la stessa luna ti cimenti nell’emozionante, ma difficoltoso, mondo del self: ci vuoi dire  gli aspetti che ti hanno colpita di più nel bene nel male?

Come già si evince da quello che scrivo, mi piace molto sperimentare e quindi il self mi incuriosiva e desideravo studiarlo dall’interno. Ho scelto Sotto la stessa luna, un romanzo contemporaneo, brillante e divertente, molto diverso dagli storici degli ultimi anni, ho scelto una frase che lo rappresentasse (Tutto è cominciato con un romanzo rosa, si possono chiedere i danni all’autrice?) e mi sono lanciata nell’avventura. E’ ancora troppo presto per una valutazione completa, diciamo però che il self è emozionante, proprio come dici tu. Si decide tutto in prima persona, dalla cover, alle date, alla quarta di copertina, al trailer. Il romanzo diventa davvero, completamente, una creatura tua. Aspetti meno piacevoli: date che possono slittare (come nel mio caso) e prima di tutto doversi fare pubblicità, con la consapevolezza che, in ogni caso, niente può competere con la promozione di una CE che abbia un efficace ufficio stampa.

È molto bello quando mi dici che leggi per imparare. Io trovo invece che ci sia molta autoreferenzialità nell’atteggiamento di parecchi autori/trici, in particolar modo proprio nel Romance, e che questa voglia di scoprirsi sia molto ‘nascosta’. Tu come la vedi?

Penso che l’autoreferenzialità non sia tanto una questione di genere, ma di carattere. C’è chi è portato all’autoreferenzialità, chi no. Un autore che legge altri autori non può non imparare, anche a livello inconscio. Resta però il fatto che, allo stesso tempo, deve mantenere la propria individualità. Cioè, imparare e allo stesso tempo imparare a differenziarsi.

Ornella, se ti chiedo cos’è l’ispirazione cosa mi rispondi?

Secondo me non si deve inseguire l’ispirazione, ma aspettare che “accada”. Cosa sia, è difficile da spiegare. Una specie di tensione adrenalinica, di possessione. Quando ci si sente posseduti da una storia, o anche solo da una scena, quando si avverte una specie di scossa elettrica e la narrazione aderisce perfettamente, senza alcuno sforzo, all’idea. Non accade sempre, per questo a volte non si possono seguire tabelle di marcia. Senza ispirazione, è come fare un compitino. Con l’ispirazione, ci si sente in simbiosi con la storia.

La psicologia nella narrativa oggi si sfrutta molto: è un’arma in più, o una trappola sia per chi narra, sia per chi legge?

E’ arma in più, a mio avviso, ma a patto che non si veda. La psicologia in una narrazione si deve respirare, non deve “apparire”.

Il romanzo storico: come differisce nel metodo di lavoro da altri generi?

Parliamo del Medio Evo, in cui ho ambientato i miei due thriller storici. Innanzitutto c’è il lavoro di documentazione, che è davvero appassionante. Pagine e pagine per scrivere che Federico II portava uno smeraldo al dito medio. Per ricreare vegetazione, paesaggi, monumenti. La cattedrale di Otranto non come ci appare adesso, ma come verosimilmente era nel 1100. Si può anche avere la fortuna di intuire dei veri scoop storici, come mi è capitato con la vera identità della madre di Tancredi di Altavilla. Poi si comincia a scrivere e ci si deve calare nell’atmosfera dell’epoca. Sono convinta che nel Medio Evo tutte le pulsioni e i sentimenti fossero eccessivi e ferini, ancora privi di freni, ed è chiaro che la narrazione debba risentire di tale primitività. E poi si comincia a dare vita all’intreccio,  a creare il mistero, a mescolare personaggi realmente esistiti a personaggi inventati. Scrivere un romanzo storico è un’esperienza davvero eccitante.

Il tuo difetto più grande come autrice?

Un difetto grandissimo ma che forse potrebbe essere un pregio: l’incapacità di programmare. Non fare uso di scalette mi porta ad arrivare quasi alla fine del romanzo senza ancora aver capito dove la storia mi condurrà, e questo sicuramente provoca ansia. Ma lascia anche la fantasia libera di imperversare in ogni direzione, senza essere ostacolata da paletti o da sentieri già tracciati.

Te la senti di fare una promessa a chi ti legge?

Mi impegno solennemente a fare in modo che il mio ultimo romanzo sia sempre migliore del precedente. Ma non so se sia una promessa realizzabile.

Penitenza se non dovessi mantenerla?

Scriverò un paranormal.