IL DOVERE DI RICORDARE

Mi sono recata di recente ad Auschwitz e Birchenau, di cui negli anni della gioventù avevo molto letto. Scusate se preferisco non dilungarmi sulle fortissime sensazioni provate all’interno di simili campi di sterminio, in particolare davanti alle testimonianze della crudeltà umana nei confronti degli esseri umani. Mi limito a dire che il cuore piange e sanguina per coloro che vi furono deportati prima, e poi eliminati dalla faccia della terra per assecondare il folle abominio del nazismo allo scopo di annientare qualsiasi traccia dell’ebraismo. Donne, uomini, bambini gasati e arsi nei forni crematori, dopo essere stati espropriati dei loro beni, esclusi dalla società, dal lavoro, dalle scuole, dalla vita medesima. Milioni di persone che vennero deportate come carne da macello su infami carri bestiame, e costretti a lavorare come schiavi per il terzo reich, disumanizzati solo perché ebrei.

Pensateci, provate a immaginarvi al posto loro…

Auschwitz è un luogo che difficilmente si può dimenticare: vi aleggia e si respira ancora l’angoscia dei prigionieri, spogliati persino della propria identità, ridotti a miserabili larve senza diritti, senza speranza, oggetto di efferatezza e crudeltà.  Nel gelo siderale di Birchenau, mentre scattavo fotografie nello spolverio incessante della neve ghiacciata che imbiancava il terreno, è stato spontaneo chiedersi come potessero resistere i poveri prigionieri a un freddo del genere, con addosso quella leggera divisa di tela a righe e gli zoccoli sui piedi nudi.

Ricordare significa dunque conservare la memoria di quello che accadde allora al fine di affidarla alle nuove generazioni, soffocando ogni rigurgito nazista. Ricordare deve essere un monito all’indifferenza, perché l’indifferenza di chi sapeva e tacque durante quegli anni, fu una violenza più ignominiosa e vigliacca della violenza stessa. Ricordare significa non far cadere la Shoah nell’oblio del passato, mostrando rispetto per tutte le vittime dell’immane olocausto che l’umanità del secolo scorso ha sulla coscienza, e che non deve più ripetersi per nessun popolo del mondo.

Ricordare, infine, significa salvaguardare la nostra libertà, senza mai darla per scontata e lottando per essa quando rischia di venire soffocata dai regimi totalitari. Concludo con le Parole di Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace e sopravvissuto proprio ai terribili giorni di Auschwitz.

“Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto dei deserti. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.”

Elie Wieser (dal libro autobiografico La notte)